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CONTENUTO DEI KIT

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE600KKIT PER ELETTROFORESI DELLE PROTEINE DEL SIERO E DELLE URINE CONCENTRATE/CSF13130
SRE601K26260
SRE636K39390

I kit di nuova formulazione per l’Elettroforesi delle Proteine del Siero e delle urine concentrate/CSF permettono di separare le proteine del siero umano e delle urine concentrate mediante elettroforesi su gel d’agarosio. Le proteine del siero umano vengono separate in cinque zone o bande distinte e ben risolte, ciascuna contenente una o più proteine differenti. I tracciati vengono poi sottoposti ad ispezione visiva per l’identificazione di anomalie che includono variazioni delle bande. La densito­metria dei tracciati permette la valutazione quantitativa delle zone proteiche.

I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

Preparazione reagenti: Tutti i reagenti sono pronti per l’uso.

Preparazione dei campioni: Campione di siero fresco. Urine concentrate o CSF ad un valore finale di proteine totali ≥ 20 g/L.

Conservazione e stabilità dei campioni: Siero: 1 settimana a 2 °C ÷ 8°CUrine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°CI liquidi biologici umani contengono una miscela di proteine e complessi proteici. Ciascuna proteina svolge una specifica funzione nei processi fisiologici; inoltre è noto che le concentrazioni delle diverse proteine nel siero variano in base allo stato di salute, normale o patologico, dell’individuo.Tra le tante metodiche disponibili per la separazione delle proteine, l’elettroforesi è una tecnica ben consolidata e versatile, ampiamente impiegata nella routine di laboratorio. La tecnica più nota per l’analisi elettroforetica delle proteine è l’elettroforesi zonale su gel d’agarosio. L’elettroforesi delle proteine del siero effettuata a pH 8,9 produce cinque bande: l’albumina e quattro globuline (ciascuna frazione può essere costituita da più tipi di proteine) indicate come alfa 1 (a1), alfa 2 (a1), beta (b) e gamma (g). L’analisi delle singole bande, effettuata mediante ispezione visiva, fornisce un supporto diagnostico prezioso in quanto offre un quadro generale delle proteine più importanti coinvolte nei processi funzionali e patologici.

La comparsa delle proteine del plasma nelle urine (proteinuria) rappresenta un reperto di notevole importanza nella valutazione della funzione renale. Nella proteinuria fisiologica la quantità di proteine nell’urina raccolta nell’arco delle 24 ore può arrivare fino a 150 mg. L’elettroforesi delle urine è il modo migliore per individuare proteine anomale nell’urina. La presenza di una banda anomala rende necessaria l’analisi complementare di Immunofissazione (ad esempio per valutare la presenza della proteina di Bence-Jones). Proteine anomale possono essere presenti nell’urina anche se la proteinuria è normale.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE602KKIT PER ELETTROFORESI DELLE PROTEINE DEL SIERO β 1 - β 2 E DELLE URINE CONCENTRATE/CS13130
SRE603K26260
SRE637K39390

I kit di nuova formulazione per l’Elettroforesi delle Proteine del Siero β1 -β2 e delle urine concentrate/CSF permettono di separare le proteine del siero umano e delle urine concentrate mediante elettroforesi su gel d’agarosio. Le proteine del siero umano vengono separate in sei zone o bande distinte e ben risolte, ciascuna contenente una o più proteine differenti. I tracciati vengono sottoposti ad ispezione visiva per l’identificazione di anomalie che includono variazioni delle bande. La densitometria dei tracciati permette la valutazione quantitativa delle zone proteiche. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

 

Preparazione reagenti:

Tutti i reagenti sono pronti per l’uso

Preparazione dei campioni:

Campione di siero fresco. Urine concentrate o CSF ad un valore finale di proteine totali ≥ 20 g/L

 

Conservazione e stabilità dei campioni: Siero: 1 settimana a 2 °C ÷ 8°C; Urine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C.

L’ispezione visiva del tracciato elettroforetico delle Sieroproteine su piastra di gel d’agarosio può fornire informazioni utili per le proteine che sono le componenti maggiormente rappresentative delle bande. L’individuazione di qualsiasi variazione della concentrazione di una o più bande e/o la comparsa di bande ulteriori, spesso paraproteine, hanno un importante significato clinico (ad esempio bande monoclonali, sindrome nefrotica e la diminuzione della alfa 1-anti-tripsina). L’elettroforesi delle sieroproteine su piastre di gel d’agarosio per la risoluzione delle frazioni b1 e b2, a pH alcalino, permette di separare sei frazioni: albumina, alfa 1 (α1), alfa 2 (α2), beta 1 (ß1), beta 2 (ß2) e gamma (γ).

Il principale componente della beta 1 è la transferrina, una proteina che trasporta gli ioni ferrici dalle riserve intracellulari al midollo osseo, nel quale i precursori cellulari degli eritrociti e dei linfociti esprimono i recettori per la transferrina sulle loro membrane cellulari. Questa proteina riveste un ruolo importante nel metabolismo del ferro. Sono stati descritti diversi tipi di transferrina in base alle loro caratteristiche strutturali, tutte con mobilità beta 1. A causa della presenza di paraproteine è possibile osservare lo sdoppiamento della banda beta 1. L’eterozigosi della transferrina, una condizione rara, produce lo sdoppiamento della banda beta 1 in due bande più piccole che possono simulare le paraproteine e dovrebbe essere confermata con la diagnosi differenziale. Un’altra condizione che produce lo sdoppiamento della banda beta 1 è il basso contenuto di acido sialico, riscontrabile in pazienti affetti da epatopatia grave o negli alcolizzati. L’aumento patologico della banda della transferrina è un reperto costante in presenza di bassa concentrazione di ferro dovuta ad anemia. La diminuzione della concentrazione della transferrina è di scarsa utilità diagnostica e riflette la riduzione della sintesi epatica

La banda beta 2 viene associata alla componente C3, una molecola che svolge un ruolo centrale nel sistema del complemento, un grande gruppo di proteine che innescano la reazione infiammatoria ed agiscono come effettori nella lisi dei patogeni e nella fagocitosi degli antigeni. L’ispezione visiva della beta 2 permette perciò di verificare l’attività funzionale di questo importante sistema. La diminuzione del C3 si osserva nelle malattie autoimmuni (ad es. nel LES) e nell’artrite reumatoide. Un’altra condizione patologica associata alla riduzione marcata della beta 2 è la glomerulonefrite post-streptococcica. Il componente C3 viene sintetizzato nel fegato, perciò le malattie epatiche possono ridurne la sintesi normale. La bassa concentrazione di C3 può anche riflettere la condizione genetica di ridotta espressione della proteina. L’aumento della banda beta 2 ha scarso valore clinico poiché il C3 è una proteina della fase acuta.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE627KKIT PER L’IMMUNOFISSAZIONE IN VIOLETTO ACIDO DEL SIERO E DELLE URINE CONCENTRATE220
SRE628K440
SRE639K660

I nuovi kit per l’Immunofissazione (IFE) permettono l’identificazione qualitativa del­le componenti monoclonali nel siero umano e nelle urine concentrate/CSF. L’impiego del colorante di elevata sensibilità Violetto Acido e la nuova formulazione garantis­cono velocità e sensibilità elevate. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

 

Preparazione dei reagenti:

Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto la soluzione di lavaggio per immu­nofissazione che deve essere diluita (50ml da portare ad un volume finale di 1L con acqua distillata).

 

Preparazione dei campioni:

Campione di siero fresco diluito. Urine concentrate o CSF ad un valore finale di proteine totali di ~ 5 g/L.

 

Conservazione e Stabilità dei Campioni:

Siero: 1 settimana a 2 °C ÷ 8°C
Urine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C

 

La proliferazione neoplastica di singoli cloni di plasmacellule, una condizione nota come gammopatia monoclonale, provoca la sintesi anomala di immunoglobuline monoclonali, cioè di un gruppo biochimicamente omogeneo di immunoglobuline costituite da un solo tipo di catena pesante e di catena leggera. Queste immunoglobuline monoclonali vengono chiamate anche paraproteine e vengono frequentemente associate ad un vasto gruppo eterogeneo di discrasie delle plasmacellule.

Nella maggior parte dei casi queste paraproteine producono una o più bande nette nei tracciati elettroforetici ottenuti da campioni di siero e/o di urina. Sebbene le componenti monoclonali siano tipiche nel mieloma, compaiono anche nel tracciato elettroforetico di pazienti portatori di altre condizioni quali infezioni e malattie autoimmuni. Saltuariamente sono presenti in un numero ristretto di condizioni benigne nelle persone anziane.

Queste bande vengono descritte generalmente come ‘sospette componenti monoclonali’, e la loro identità biochimica richiede ulteriori ricerche con metodi elettroforetici sensibili e specifici. La conferma della presenza di una immunoglobulina monoclonale, unitamente alla caratterizzazione del tipo di immunoglobulina (ad esempio IgG, k o IgM, l), sono di importanza fondamentale per la diagnosi definitiva. L’immunofissazione (immunofixation electrophoresis, IFE) è un metodo di laboratorio utilizzato per definire l’identità e l’omogeneità biochimica delle immunoglobuline, nel caso in cui vengano individuate sospette componenti monoclonali nei tracciati elettroforetici delle proteine dei fluidi biologici. La metodica IFE con colorante Acid Violet combina la risoluzione delle frazioni proteiche mediante elettroforesi con il riconoscimento specifico delle molecole ottenuto mediante l’uso di anticorpi diretti contro le catene pesanti delle immunoglobuline umane (IgG, IgM, e IgA), e le loro catene leggere, kappa e lambda. Il legame tra l’anticorpo specifico e l’immunoglobulina monoclonale porta alla formazione di una banda di precipitato nella pista corrispondente che identifica il tipo di immunoglobulina, sia la catena pesante che/o la catena leggera.
L’impiego dell’Acid Violet, un colorante per le proteine molto sensibile, migliora ulteriormente la qualità dei risultati elettroforetici, per una migliore ispezione visiva dei risultati.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE623KKIT PER L’IMMUNOFISSAZIONE IN BLU ACIDO DEL SIERO E DELLE URINE CONCENTRATE220
SRE624K440
SRE643K660

I nuovi kit per l’Immunofissazione (IFE) permettono l’identificazione qualitativa del­le componenti monoclonali nel siero umano e nelle urine concentrate. Non è richi­esta alcuna diluizione del campione. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.
Preparazione dei reagenti:

Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto la soluzione di lavaggio per immu­nofissazione che deve essere diluita (50ml da portare ad un volume finale di 1L con acqua distillata).

Preparazione dei campioni:
Campione di siero fresco. Urine concentrate ad un valore finale di proteine totali di ~ 5 g/L.

Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Siero: 1 settimana a 2 °C ÷ 8°C
Urine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C

Le immunoglobuline monoclonali originano da processi neoplastici dei linfociti che producono anticorpi. Il principio dell’immunofissazione è basato sulla visualizzazione di proteine specifiche mediante la precipitazione antigene-anticorpo, effettuata dopo la migrazione elettroforetica. I campioni dei pazienti vengono distribuiti nei pozzetti; viene quindi effettuata l’elettroforesi per separare le principali proteine del campione.

Per ciascun campione da sottoporre ad immunofissazione si ottengono sul gel sei tracciati. Un tracciato viene trattato con una soluzione fissativa per ottenere un tracciato sieroproteico di riferimento (SPE). Si procede quindi all’applicazione degli antisieri specifici sulle altre cinque corsie. In particolare, gli antisieri sono diretti contro le catene pesanti, gamma (IgG), alfa (IgA), mu (IgM) e contro le catene leggere k e l (libere e legate).

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SRE629KKIT PER L’IMMUNOFISSAZIONE PENTAVALENTE DEL SIERO E DELLE URINE CONCENTRATE660
SRE630K12120

I nuovi kit per l’Immunofissazione Pentavalente forniscono un metodo veloce per la ri­levazione (presenza o meno) di componenti monoclonali sospette alla ispezione visiva dei quadri elettroforetici routinari di siero ed urine concentrate. I campioni per i quali sus­siste il dubbio della presenza di una componente monoclonale, vengono fatti migrare in doppia deposizione su gel di agarosio. Dopo la migrazione la prima pista viene trattata con la soluzione fissativa, la seconda invece con un antisiero pentavalente contenente im­munoglobuline: anti IgG, IgA, IgM e anti catene Kappa e Lambda (libere e legate). I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con lo strumento Interlab G26.

Preparazione reagenti:

Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto la soluzione di lavaggio per immu­nofissazione che deve essere diluita (50 ml da portare ad un volume finale di 1L con acqua distillata).

Preparazione dei campioni:

Campione di siero fresco diluito. Urine concentrate o CSF ad un valore finale di proteine totali di ~5 g/L.

Conservazione e stabilità dei campioni:
Siero: 1 settimana a 2 °C ÷ 8°C Urine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE625KKIT PER L’IMMUNOFISSAZIONE DI BENCE JONES220
SRE626K440
SRE640K660

I kit per l’immunofissazione di Bence Jones (IFE BJ) permettono l’identificazione qualitativa delle proteine di Bence-Jones e delle proteine normali o patologiche nelle urine umane non concen­trate. Il metodo delle IFE Bence – Jones combina la risoluzione delle frazioni proteiche, mediante elettroforesi, con il riconoscimento specifico delle molecole realizzato mediante l’uso di anti­corpi diretti contro le catene pesanti delle immunoglobuline umane (IgG, IgM, e IgA), e le loro catene leggere, kappa e lambda, sia legate che libere.  I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

 

Preparazione dei reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto la soluzione di lavaggio per immu­nofissazione che deve essere diluita (50 ml da portare ad un volume finale di 1L con acqua distillata).

Preparazione dei campioni:
Urine non concentrate.

Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Urine: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C

 

La molecola dell’immunoglobulina è un tetramero contenente due catene pesanti, che definiscono la classe (IgG, IgM, IgA, IgD, e IgE) e due catene leggere, chiamate rispettivamente kappa e lambda. Ogni immunoglobulina contiene una coppia di catene leggere dello stesso tipo, kappa o lambda. Le immunoglobuline vengono sintetizzate e rilasciate in circolo dale plasmacellule. Il mieloma multiplo origina dalla proliferazione neoplastica di un unico clone plasmacellulare che secerne quantità anomale di anticorpo. Le mutazioni dei geni dell’immunoglobulina possono dare origine a cellule mielomatose che producono:

  • solo catene leggere, una condizione detta mieloma Bence-Jones
  • solo catene pesanti
  • frammenti di immunoglobuline.

La iperproduzione di questa proteina monoclonale, presente in una varietà di forme e dimensioni, è un aspetto comune al mieloma multiplo e alla AL amiloidosi. Le catene leggere delle immunoglobuline, o proteine di Bence – Jones, passano dal plasma all’urina e vengono perciò considerate il ‘marker’ tumorale del mieloma multiplo. La loro individuazione nell’urina fornisce quindi informazioni preziose per la diagnosi iniziale ed il ‘follow-up’. I test per lo screening e lo studio del mieloma multiplo comprendono anche i metodi elettroforetici con elevate sensibilità e specificità per l’individuazione delle catene leggere libere.

L’immunofissazione (IFE) è un metodo di laboratorio utilizzato per definire l’identità biochimica e l’omogeneità delle immunoglobuline o delle catene leggere, nel caso in cui vengano individuate sospette componenti monoclonali nei tracciati elettroforetici delle proteine dei fluidi biologici. Il metodo delle IFE Bence – Jones combina la risoluzione delle frazioni proteiche, mediante elettroforesi, con il riconoscimento specifico delle molecole realizzato mediante l’uso di anticorpi diretti contro le catene pesanti delle immunoglobuline umane (IgG, IgM, e IgA), e le loro catene leggere, kappa e lambda, sia legate che libere.
Il legame tra l’anticorpo specifico e la proteina monoclonale, cioè l’immunoglobulina completa e/o le catene leggere libere e legate, porta alla formazione di una banda di precipitato nella pista corrispondente che identifica il tipo di immunoglobulina, sia la catena pesante che/o la catena leggera. L’impiego dell’Acid Violet, un colorante per le proteine molto sensibile, migliora ulteriormente la qualità dei risultati elettroforetici, per una migliore ispezione visiva dei risultati.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE607KKIT PER L’ELETTROFORESI DELLE PROTEINE H.R.13130

Il kit per l’Elettroforesi delle Proteine H.R. (High Resolution, alta risoluzione), permette di separare le proteine del siero, dell’urina e del liquor (Liquido Cefalo Rachidiano, LCR) me­diante elettroforesi su piastre di gel d’agarosio. Le proteine separate nel tracciato elettro­foretico vengono sottoposte ad ispezione visiva per l’identificazione di profili patologici, che includono sia le variazioni qualitative delle bande che la comparsa di nuove bande nel tracciato. Il Kit consente l’impiego di campioni di urine tal quali. L’innovativo metodo di applicazioni multiple migliora sostanzialmente la sensibilità (1.5mg/dl per banda) e quindi l’identificazione delle piccole bande.  I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

Preparazione dei reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso.

Preparazione dei campioni:
Urine non concentrate. Siero diluito 1:20. CSF concentrato ad un valore finale di pro­teine totali di 10 g/L.

Conservazione e stabilità dei campioni:
Siero: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C
Urine/CSF: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C e 1 mese a -20°C

L’urina viene formata per ultrafiltrazione del plasma attraverso la parete del capillare glomerulare che agisce come filtro selettivo per le proteine plasmatiche di grosse dimensioni. Il passaggio delle proteine plasmatiche attraverso la barriera glomerulare è funzione della dimensione molecolare, della carica elettrica e della configurazione molecolare. Tutte le molecole di peso molecolare maggiore di 50.000 dalton vengono trattenute dal filtro glomerulare. L’albumina e la transferrina hanno pesi molecolari rispettivamente di 65.000 e 80.000 e vengono quasi completamente trattenuti, soltanto lo 0,1% di ciascuna proteina attraversa la barriera. Tutte le proteine plasmatiche con una massa molecolare inferiore a 50.000 dalton attraversano la parete del glomerulo, ma vengono riassorbite dalle cellule del tubulo prossimale e degradate da enzimi in amminoacidi che vengono reintegrati nel sangue.

Il filtrato finale contiene in genere tracce di albumina e transferrina (inferiori allo 0,1% della proteinemia totale). Albumina e transferrina sono le proteine normalmente presenti a basse concentrazioni nelle urine. La proteinuria fisiologica è di circa 150mg/24ore. L’elettroforesi delle urine rappresenta il metodo di elezione per rivelare la presenza di proteine anomale. La presenza di una banda anomala (ad esempio una banda nella zona della transferrina) rende necessaria l’analisi complementare di identificazione (Immunofissazione per la Bence-Jones).

La presenza di proteine nelle zone a1 e a2 richiede ulteriori approfondimenti (micro-proteine, etc.). Le proteine anomale nell’urina possono essere presenti anche con livelli normali di proteinuria. Si raccomanda di utilizzare urine fresche subito dopo la raccolta in quanto alcune proteine vengono denaturate a pH alcalino ed altre a pH acido (per esempio, la ß2 microglobulina viene denaturata a pH 5,5, mentre la Proteina Legante il Retinolo -Retinol Binding Protein, RBP- viene denaturata a pH alcalino).

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE604KKIT PER L’ELETTROFORESI DELLE EMOGLOBINE ALCALINE13130

ll kit per l’Elettroforesi delle Emoglobine Alcaline permette l’analisi qualitativa e semi-quantitativa delle emoglobine normali (A1, A2 ed F) e patologiche, o varianti, (S o D e C o E) mediante elettroforesi su gel d’ agarosio. Per la conferma delle varianti emoglobiniche S , D, C, E è necessario eseguire l’elettroforesi delle emoglobine acide. Il test elettroforetico viene effettuato a pH alcalino e fornisce un metodo valido per lo screening dei tracciati emoglobinici. La densitometria del tracciato permette inoltre la valutazione quantitativa delle varianti emoglobiniche. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

 

Preparazione dei reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso.

 

Preparazione dei campioni:
Dopo il lavaggio le emazie vengono lisate come segue: 50 μl di emazie lavate + 200 μl di soluzione lisante

Conservazione e stabilità dei campioni:
Sangue intero: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C
Emolisato: 12 ore a 2°C ÷ 8°C

Nei globuli rossi di un adulto normale esistono tre tipi di emoglobine. La HbA costituisce la frazione principale, mentre la HbA2 e la HbF sono presenti in piccole quantità. Le due emoglobine mutanti maggiormente conosciute sono la HbS e la HbC (la Hb Lepore, la Hb Bart’s, la HbH, la HbE, la HbGPhiladelphia, la HbD-Los Angeles e la HbO-Arab sono meno frequenti).

Il sistema di analisi elettroforetica per le emoglobine alcaline permette di separare le emoglobine normali (HbA e HbA2) oltre ad alcune emoglobine anomale o varianti (HbS o HbD e la HbC o HbE). Tuttavia, alcune emoglobine possono co-migrare (ad esempio la HbA2 e la HbC, o la HbS e la HbD).

Le emoglobine che hanno la stessa mobilità elettroforetica possono essere differenziate mediante il test elettroforetico effettuato a pH acido. L’elettroforesi delle emoglobine acide permette di separare queste emoglobine per confermare l’identità di emoglobine clinicamente rilevanti quali la HbA, la HbF, la HbS e la HbC

Le emoglobinopatie includono un vasto numero di disordini ereditari che possono produrre sia modifiche qualitative della struttura dell’emoglobina, che variazioni quantitative della sintesi di emoglobina. Entrambe le situazioni portano ad uno sbilanciamento della concentrazione normale dei diversi tipi di emoglobine

Il termine ‘Talassemia’ descrive un gruppo di condizioni patologiche (anche dette ‘sindromi’) che producono manifestazioni cliniche simili, la cui principale caratteristica biochimica è lo sbilanciamento tra la velocità di sintesi di un tipo di catena globinica e quella della sua complementare. Le diverse velocità di sintesi delle catene globiniche danneggiano i globuli rossi la cui distruzione porta ad anemia.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE605KKIT PER L’ELETTROFORESI DELLE EMOGLOBINE ACIDE13130

Il kit per l’Elettroforesi delle Emoglobine Acide permette di effettuare l’analisi qualitativa per l’identifi cazione delle emoglobine normali e abnormali, o varianti, mediante elettroforesi su gel d’ agarosio. Il test elettroforetico viene effettuato a pH acido e viene impiegato principalmente per confermare l’identità biochimica di emoglobine clinicamente rilevanti quali la A, la F, la S e la C.

I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.


Preparazione dei reagenti:

Tutti i reagenti sono pronti per l’uso.

Preparazione dei campioni:
Dopo il lavaggio le emazie vengono lisate come segue: 50 μl di emazie lavate + 450 μl di soluzione lisante.

Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Sangue intero: 1 settimana a 2°C ÷ 8°C
Emolisato: 12 ore a 2°C ÷ 8°C

La sintesi dell’emoglobina è sotto controllo genetico e la presenza di emoglobine anomale viene associata ad anomalie dei globuli rossi di tipo funzionale, fisico e morfologico. Le emoglobine sono costituite da catene peptidiche di globina e da gruppi eme di protoporfirina contenente ferro. Le emoglobine normali hanno strutture simili con peso molecolare di circa 67.000 dalton e sono costituite da 2 coppie di catene globiniche ciascuna associata ad una molecola di eme.

Emoglobina A catene polipeptidiche 2 a e 2 b
Emoglobina A2 catene polipeptidiche 2 a e 2 d
Emoglobina F catene polipeptidiche 2 a e 2 g

Le emoglobine di un adulto normale sono rappresentate dalla HbA (98% dell’emoglobina totale) e dalla HbA2 e dalla HbF presenti in piccole quantità. La sostituzione degli amminoacidi nelle sequenze delle catene polipeptidiche porta alla formazione di varianti emoglobiniche anomale. Fino ad oggi sono state identificate più di 600 varianti strutturali di emoglobine: HbS, HbC, HbE, HbD, HbG, HbH, HbI, Hb Lepore, etc.

Le emoglobinopatie costituiscono un gruppo di malattie causate dalla presenza di emoglobine anomale. Il 60% circa delle emoglobine anormali presentano una distribuzione di carica sufficientemente modificata da permettere la loro identificazione all’elettroforesi.  Le varianti osservate con maggiore frequenza sono la HbS e la HbC. La concomitante presenza della HbA e di un’altra variante (HbS, HbC, HbE, etc.) viene descritta rispettivamente come emoglobinopatia eterozigote AS, AC e AE. La presenza di un solo tipo di variante emoglobinica viene chiamata emoglobinopatia omozigote, come nel caso della HbS o dell’HbC.

Queste varianti anomale sono trasmissibili geneticamente. Le emoglobinopatie omozigoti possono produrre quadri clinici gravi. L’elettroforesi dell’emoglobina acida su agarosio permette di confermare la presenza di HbS o di HbC già evidenziate mediante l’elettroforesi delle emoglobine alcaline.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE606KKIT PER L’ELETTROFORESI DELLE LIPOPROTEINE13130
SRE621K26260

I kit per l’Elettroforesi delle Lipoproteine permettono di separare le lipoproteine del siero umano mediante elettroforesi su piastre di gel d’agarosio. I tracciati vengono sottoposti ad ispezione visiva per l’individuazione di anomalie, quali variazioni delle bande o comparsa di nuove bande. La densitometria dei tracciati permette la valuta­zione quantitativa delle frazioni lipoproteiche. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con gli strumenti Interlab G26 e Pretty Interlab.

 

Preparazione reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccet­to il colorante che deve essere ricostituito come riportato nella metodica.

Preparazione dei campioni:
Campione di siero fresco
Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Siero: 2 giorni a 2°C ÷ 8°C

 

I lipidi svolgono molti ruoli differenti ed importanti nei processi metabolici, in quanto vengono utilizzati come ormoni, partecipano al processo digestivo, costituiscono la riserva energetica, possono essere utilizzati come combustibile metabolico e sono componenti importanti delle membrane biologiche. E’ stata definita una correlazione tra i disordini dei lipidi plasmatici e l’aterosclerosi. Le lipoproteine sono complessi macromolecolari costituiti da lipidi e proteine. Le lipoproteine sono particelle sferiche comprendenti un nucleo di lipidi non polari circondati da lipidi polari e una o più proteine, dette apoproteine, sulla superficie. Il nucleo contiene trigliceridi, esteri del colesterolo, fosfolipidi e colesterolo libero. Le diverse proporzioni delle proteine e dei lipidi nei complessi lipoproteici, permettono la separazione delle lipoproteine mediante elettroforesi su gel d’agarosio, in base alle differenze tra le loro cariche nette.

A pH alcalino è possibile risolvere quattro bande: alfa-lipoproteine, prebeta- lipoproteine, beta-lipoproteine e chilomicroni. I disturbi del metabolismo delle lipoproteine comprendono una varietà di condizioni tra cui le iperlipoproteinemie, dovute ad una produzione elevata di lipoproteine, classificate da Fredrickson e collaboratori i cinque gruppi principali, ciascuno associabile ad un tracciato elettroforetico caratteristico. L’interpretazione di questi profili è importante per il trattamento delle iperlipoproteinemie.

Sostanze interferenti:

L’EDTA attiva le lipasi e non va utilizzata.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE612KKIT PER L’ELETTROFORESI DEGLI ISOENZIMI LDH13130

Il kit per gli isoenzimi della lattato deidrogenasi, consente una valutazione qualitativa e quantitiva del contenuto in LDH del siero, tramite separazione elettroforetica su gel d’agarosio e successiva colorazione per reazione enzimatica. La Lattato Deidrogenasi (LDH) è un enzima presente in tutti i tessuti umani ed in tutte le cel­lule, con concentrazione maggiore nel fegato, nel cuore, nel muscolo scheletrico e nei reni. Di conseguenza il suo aumento nel siero è un’indicazione di un danno tessutale.

In una sep­arazione elettroforetica standard vengono rivelati 5 differenti isoenzimi LDH, identificati, dall’anodo verso il catodo come: LDH1, LDH2, LDH3, LDH4, LDH5.

I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con lo strumento Interlab G26  .

 

Preparazione reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto il colorante che deve essere ricostituito con 1.2 ml di tampone.

Preparazione dei campioni:
Campione di siero fresco.

Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Siero: Campione di siero fresco. Se necessario, 2 giorni a 15°C ÷ 30°C o a 2°C ÷ 8° C

La lattico deidrogenasi (LDH, E. C. 1. 1. 1. 27) è un enzima intracellulare presente nei tessuti umani quali muscolo scheletrico, cuore, fegato e reni. La molecola è costituita da due subunità, H ed M, che si uniscono per formare un tetramero. La diversa associazione qualitativa delle subunità dà origine a cinque differenti forme molecolari della LDH, dette ‘isoenzimi’ o ‘isoforme’, che è possibile separare mediante elettroforesi su gel d’agarosio. In base alla mobilità elettroforetica vengono separate cinque bande. La isoforma LDH1, presente nel muscolo cardiaco, è costituita da quattro subunità ed è la più anodica, mentre l’isoforma più catodica LDH5, presente nel muscolo scheletrico e nel fegato, è composta da quattro subunità. Le isoforme a mobilità intermedia, cioè la LDH2, la LDH3 e LDH4, sono presenti a diverse concentrazioni in molti tessuti. La misura quantitativa di queste frazioni fornisce informazioni utili per l’identificazione di danni specifici di organo o di tessuto. L’elettroforesi degli isoenzimi della LDH è un test importante per la diagnosi di danni al miocardio e al fegato.

Dopo l’infarto del miocardio (IM) si osserva un notevole aumento della LDH1, con un valore del rapporto LDH1/LDH2 maggiore di 1 (‘flipped LDH ‘). La LDH5 è un eccellente indicatore di danno epatico in corso.

Sostanze interferenti:
Non utilizzare campioni emolizzati e sieri uremici.
Alcuni farmaci ed inibitori (come l’ossalato) influenzano l’attività LDH. Cicli ripetuti di congelamento e scongelamento dei campioni aboliscono l’attività LDH.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE610KKIT PER L’ELETTROFORESI DEGLI ISOENZIMI DELLA FOSFATASI ALCALINA13130

Il kit per l’elettroforesi della ALP permette di effettuare l’identificazione quantitativa e qualitativa degli isoenzimi della Fosfatasi Alcalina nel siero umano, mediante elettroforesi. La Fosfatasi Alcalina è un enzima presente in tutti gli organi e tessuti e presenta le concentrazioni più elevate nel fegato, nei dotti biliari, nella placenta e nell’osso. Il tessuto danneggiato o interessato da una condizione patologica rilascia gli enzimi nel sangue, pertanto si osservano valori abnormi della ALP sierica in molte condizioni cliniche, inclusa la patologia ossea. Il test degli isoenzimi della ALP va effettuato quando è necessario distinguere la sede anatomica, organo o tessuto, interessata dalla condizione patologica. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con lo strumento Interlab G26.

 


Preparazione dei reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto l’NBT che deve es­sere ricostituito con 2 ml di Substrato.

Preparazione dei campioni:
Ogni campione deve essere pre-trattato con la Neuraminidasi. Distribuire 5ml di Neuraminidasi in ciascun pozzetto, quindi 25 μl di siero. Miscelare ed attendere 5 minuti prima di iniziare l’analisi.

Conservazione e stabilità dei campioni:
Siero: Campione di siero fresco
Se necessario, 2 giorni a 2°C ÷ 8° C

Gli enzimi sono proteine che agiscono come catalizzatori biologici svolgendo reazioni chimiche nelle cellule di vari organi e tessuti. Il danno cellulare esteso può essere causato da diversi fattori che provocano un notevole rilascio di enzimi nel circolo. Molti enzimi sono perciò utili come ‘marker’ del danno cellulare e la misura specifica della loro attività nei liquidi biologici costituisce una fonte preziosa di informazioni per i laboratori clinici. Gli isoenzimi sono forme multiple dello stesso enzima e tutte catalizzano la stessa reazione ma con diverse velocità e specificità di substrato. La caratteristica più importante degli isoenzimi è la distribuzione tessuto/ organo specifica di ciascuna isoforma. Perciò l’aumento specific di una isoforma può essere messo in relazione con il danno patologico di un determinato organo o tessuto. La fosfatasi alcalina (Alkaline Phosphatase, ALP; E.C. 3.1.3.1) è un enzima che catalizza l’idrolisi alcalina di una larga varietà di substrati sia presenti in natura che sintetici. Questa proteina è un enzima presente sulla membrana cellulare ed è presente in quasi tutti i tessuti del corpo. E’ predominante nell’osso (osteoblasti), nel fegato, nei tubuli renali, nell’epitelio intestinale e nella placenta. L’ALP sembra essere coinvolta nel trasporto lipidico intestinale ed avere un ruolo importante nel processo di calcificazione dell’osso. Della ALP esistono molte isoforme che possono essere separate mediante elettroforesi su gel d’agarosio. In base all’organo di origine si distinguono le seguenti isoforme: epatica (più anodica), ossea, intestinale e placentare. L’analisi del tracciato elettroforetico degli isoenzimi della ALP è di particolare interesse nello studio delle malattie epatobiliari ed ossee. L’aumento considerevole dell’isoforma epatica si osserva nell’ostruzione delle vie biliari. La ALP ossea aumenta con l’attività iperosteoblastica in condizioni quali l’osteomalacia e i tumori ossei. L’isoenzima placentare presenta una velocità di migrazione minore di quella delle altre due isoforme e si evidenzia solo durante la gravidanza. La ALP intestinale appare in condizioni patologiche associate alla cirrosi, al diabete e al cancro del tratto intestinale. Altre isoforme, distinte per velocità di migrazione e caratteristiche chimiche e fisiche, sono quelle associate ad alcuni tumori dei quali costituiscono il ‘marker’ diagnostico. Prima di procedere all’analisi elettroforetica è necessario effettuare un trattamento particolare del campione, sia enzimatico che termico, finalizzato al miglioramento della separazione delle isoforme della ALP.

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE611KKIT PER L’ELETTROFORESI DEGLI ISOENZIMI CK13130

Il Kit per isoenzimi del CK viene impiegato per la determinazione qualitativa e quantitativa degli isoenzimi del CK tramite elettroforesi su gel di agarosio e successiva rivelazione enzimatica specifica. L’utilizzo più importante degli isoenzimi del CK è nella diagnosi di danni a livello del miocardio. In questi casi l’isoenzima CK-MB appare nel siero in circa 4-6 ore dopo l’infarto del miocardio, aggiunge il picco massimo di attività intorno alle 18-24 ore e può scomparire nell’arco delle 72 ore. I kit sono stati realizzati per l’utilizzo esclusivo con lo strumento Interlab G26.

 

 

Preparazione dei reagenti:
Tutti i reagenti sono pronti per l’uso eccetto l’NBT che deve essere ricostituito con 1,6 ml di Substrato

Preparazione campioni:
Campione di siero fresco.

Conservazione e stabilità dei campioni
Siero: Campione di siero fresco.  Se necessario, 1 settimana a 2°C ÷ 8° C

RIFDESCRIZIONECAMPIONI PER GELTEST PER KITInterlab G26Pretty Interlab
SRE622KKIT PER L’ISOELETTROFOCALIZZAZIONE DEL CSF660

I kit Interlab per l’isoelettrofocalizzazione del CSF permettono l’identificazione di bande oligoclonali in cam­pioni di siero e di CSF usando la tecnica dell’isoelettrofocalizzazione e dell’immunoblotting.

Questa tecnica è considerata il “Gold Standard” per la determinazione della sintesi intratecale delle IgG nella diagnosi clinica della sclerosi multipla. L’isoelettrofocalizzazione è, infatti, il metodo più sensibile per l’identificazione di bande oligoclonali nel siero e nel CSF (0.040mg/dl).

La procedura prevede l’isoelettrofocalizzazione su gel d’agarosio mediante lo strumento e una fase di Immunoblotting manuale. L’isoelettrofocalizzazione su gel d’agarosio ha lo scopo di separare le proteine contenute nei campioni di siero e CSF. L’immunoblotting permette di trasferire le proteine su di una membrana di nitrocellulosa che viene poi processata per la determinazione di bande IgG oligoclonali; in questo modo si evidenziano tutte le eventuali differenze nella distribuzione delle IgG nel CSF e nel siero del­lo stesso paziente. Il confronto visivo dei profili di immunofissazione delle IgG del siero e del CSF dello stesso paziente permette l’identificazione di bande oligoclonali prodotte per sintesi intratecale, consentendo, per­tanto, una diagnosi attendibile di sclerosi multipla.

L’immunofissazione con antisieri anti-IgG marcati permette l’identificazione solamente di reali bande oligoclonali IgG ed incrementa in modo significativo la sensibilità; generalmente, infatti, l’analisi viene eseguita su campioni di CSF non concentrati.

Preparazione dei reagenti:
Per la preparazione dei reagenti fare riferimento alla metodica.

Preparazione dei campioni:
Campioni di CSF non concentrato. La concentrazione di IgG nei campioni di siero deve essere portata, tramite diluizione con acqua distillata, alla stessa concentrazione di IgG del campione di CSF abbinato.

Conservazione e Stabilità dei Campioni:
Siero/CSF: Campione di siero e CSF fresco. Se necessario, 1 settimana a 2°C ÷ 8° C, 1 mese a -20°